Amica

Ho il piacere di ospitare una nuova compagna di avventure letterarie: si chiama Alice Scuderi ed è una promettente scrittrice lombarda di origine, ma toscanissima di adozione. E parla proprio di questo nel suo racconto, del senso di appartenenza, del bisogno di radici, della condivisione.

Non voglio svelarti altro, quindi buona lettura!

amicizia donne

Cominciavo a odiare irrimediabilmente questo posto. Poi è successo.
– Ho trovato un’amica!
Ho annunciato con entusiasmo hollywoodiano a mio marito.
Ho trent’anni, non dovrei agitarmi tanto. Non per queste sciocchezze sentimentali.
Immagino che a vedermi dall’esterno, come dallo schermo di un cinema, avrei riso di quella ragazzetta di provincia che ancora usa la parola amica con enfasi sincera.
Non lo credevo possibile. Ci si sente molto soli senza amici. È una di quelle tante verità assolute a cui non facciamo troppo caso, perché non abbiamo più il tempo per fermarci a considerarle; ci scorrono di fianco insieme al solito paesaggio al finestrino, ma poi basta un attimo di lucidità, l’istante in cui la frenesia della vita si placa, e avvertiamo il silenzio, la sua minaccia: finalmente scorgiamo i dettagli importanti.
Trasferirsi in un’altra regione a venticinque anni e sposarsi a ventisette con qualcuno emigrato come te, ti relega nel limbo triste dei senza patria. Sei come un vaso di fiori in mezzo a un bosco di sequoie centenarie. Sei un reciso, un diverso. E sei in coppia. Quindi che motivo hanno gli altri di avvicinarsi a te, se non per pura curiosità zoologica?
Manca la spinta sessuale e loro fanno già parte di enclavi storiche – i ragazzi della III C delle medie Carducci, la squadra di calcetto della Magona – a cui tu non potrai mai accedere: la tua tessera è bianca, non hai un passato condiviso.
Io ho vissuto il trasferimento come un melodramma pucciniano: la storia di una discesa nella solitudine dell’età adulta, camminando per le vie di un paese sconosciuto, in cui il mio volto è solo quello di una comparsa.
Eppure io ho degli amici, carissimi, fraterni. E lontani. Ci siamo incontrati qui, condividendo tutti il destino di emigrati. Sarà forse questo il segreto della nostra unione: l’aver trovato un nuovo terreno in cui attecchire, diverse solitudini che si combinavano bene insieme, il comune senso di non-appartenenza che ci faceva appartenere tra di noi.
Ma il destino del migrante è un richiamo profondo a cui è difficile sottrarsi. Quando smetti di appartenere al tuo luogo natio, si innesca un meccanismo perverso: ogni domicilio diventa solo un passaggio e il pensiero corre senza sosta verso altri paesi a cui provare ad appartenere, alla ricerca di una fantomatica casa, sempre un po’ più in là, sempre meno definita.
Siamo una generazione di nomadi, in cerca del nostro posto, un eterno foro tondo per noi poveri trapezi.
E così i miei amici sono scappati anche da qui, accolti in altre parti d’Italia e all’estero. Ci sentiamo quasi tutti i giorni, la tecnologia ci fa da madre putativa, ma non è la stessa cosa.
Gli amici lontani, come gli amori, generano alti tassi di frustrazione: si sente, prima o poi, il bisogno urgente di un contatto visivo, di momenti condivisi – una pizza insieme, una cena a casa nostra, una serata a parlare del maledetto lavoro mangiando tonnellate di pop-corn.
Io soffro più di mio marito di questa assenza. È forse il mio approccio complicato alle cose della vita, un’insoddisfazione di fondo figlia di questi tempi confusi. O forse è il cuore delle donne ad avere bisogno di più compagnia.
Ma gli amici son merce rara; non li si può cercare perché non si faranno trovare, come quei miti che se li insegui svaniscono. Non vedrai mai Babbo Natale se lo aspetti sveglia.
Trovare un amico rimane uno dei pochi eventi totalmente governati dal caso, più dell’amore, che ormai si compra anche su Internet.
È una sintonia troppo delicata, una sequenza di DNA in cui tutte le basi hanno un senso preciso.
Devo ammetterlo, stavo quasi rinunciando. Le probabilità giocavano a mio sfavore: un paese di diecimila anime, età media sessantacinque anni, attività principale: coltivazione di carciofi. E gli sguardi straniti di fronte al mio accento inconfutabilmente diverso. Che speri di trovare in un posto che pare la brutta pubblicità di una tv locale?
– Nemmeno lei è di qui, è di Roma.
Sì, le strade di noi migranti finiscono sempre per incrociarsi. È buffa questa strana alchimia tra diversi, le nostre estraneità si riconoscono in mezzo alla folla, si cercano spinte da un istinto che non è di sopravvivenza, ma di condivisione.
Come si distinguono gli amici?
Io Bea l’ho riconosciuta quasi subito. Già sul treno, dirette entrambe verso un corso di scrittura creativa, mi sono lasciata coinvolgere dal suo modo chiassoso e sincero di raccontare storie.
L’ho vista trasparente, umana in modo viscerale; non si è nascosta dietro le piccole ipocrisie che dettano le fasi iniziali dei rapporti tra adulti, ma ha rischiato gettando tutto sul tavolino: la sua vita, descritta in piccole perle di perfezione comica con uno spassoso accento romano mai calcato, così realisticamente sincero da farti sentire dentro a una borgata, affacciata alla finestra a sentire la Sora Bea che racconta ridendo della mucca morta esplosa nel Tevere, a Fiumicino.
È partito tutto da un breve viaggio e uno scambio di numeri. Poi abbiamo cominciato a mandarci i nostri racconti; così ci siamo conosciute, attraverso le nostre parole scritte, quelle che dicono la parte più segreta e vera di noi. E ci siamo piaciute.
L’amicizia tra donne è un fenomeno difficile da spiegare, sfugge a ogni tentativo scientifico, non può essere categorizzato né dissezionato, un legame che può essere tanto forte quanto effimero: quante “migliori amiche” abbiamo avuto nella vita, i cui nomi abbiamo inciso nei diari stropicciati delle nostre scuole, e quante sono rimaste, dopo le tempeste, i cambi di rotta, le nuove terre?

La mia e di Bea è un’amicizia freschissima, solo poche settimane, è un neonato che si guarda ancora intorno con occhi cisposi. Chissà che ne sarà, è una domanda che ho imparato a non pormi più; il futuro ha un sapore troppo astratto e questi rapporti si nutrono dell’oggi.
Penso però a come racconterebbe lei questo incontro, con il suo disarmante cinismo e una tenerezza spinosa. Alla fine sono sempre le piante grasse a fare i fiori più belli.

Grazie Alice, è stato bello entrare nel tuo mondo, torna a trovarmi qui allo Ziggy’s Cafè! 🙂

 

2 thoughts on “Amica

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