Le subculture mi hanno sempre affascinato. Mi piace osservare il punto di rottura, quando una semplice idea o un sentimento di insofferenza verso i valori socialmente condivisi, si trasforma in qualcosa di forte, tangibile e scomodo. Ecco perché ho deciso di intervistare l’artista Matteo Guarnaccia, il più autorevole conoscitore italiano di cultura underground. Nel suo libro, “Ribelli con stile. Un secolo di mode radicali”, descrive le scene creative giovanili che hanno preso forma nel Novecento in contrapposizione alla cultura mainstream.
Hai sempre trattato in modo originale il tema delle controculture giovanili del Novecento; se invece tu dovessi definire la scena attuale, chi sono i nuovi ribelli? Si può ancora parlare di “culture ribelli” nel mondo Occidentale di oggi?
La separazione/distinzione/ secessione di un gruppo dalla società mainstream è sempre spiazzante. Può essere ridicola, fastidiosa o persino tragica. Rimane una certezza: le scene subculturali, non si possono preparare in laboratorio. Nessuno può prevedere sotto quali forme possano palesarsi- a dispetto dei coolhunters sguinzagliati dalle aziende a caccia di “scenari futuri”. Le “culture ribelli” di oggi annoverano scene assai discordanti tra loro: innocui autoconsolatori prefab hipster (con spin off di improbabili gypster – hipster hippizzati), metallari iraniani costretti alla clandestinità, nuovi hobos che negli Stati Uniti viaggiano ancora sui carri merci – magari con l’I-pod nel loro bagaglio. Oppure, anche se la faccenda stride con l’idealizzazione pittoresca e la coolness che circonda il tema, possono assumere modalità estreme e disturbanti, come quelle dei ragazzi, cresciuti nelle metropoli occidentali, che vanno a fare disastri tra le file jihadiste. Come ho già sottolineato nei miei saggi, la simpatia e la moralità non fanno necessariamente parte della turbolenza giovanile. Sono molti gli esempi a questo riguardo: dagli apaches parigini agli skinheads, dagli squadristi del primo dopoguerra ai mods, tanto per citarne alcuni tra i più noti.
Nel libro “Ribelli con stile” mi ha molto colpito una tua frase: “Tutti vogliono sembrare ribelli, pochi vogliono essere ribelli sul serio“. Che ruolo hanno i media e i social network in tutto questo fenomeno di “ribellione regolarizzata e accattivante”?
La questione è semplice: non c’è ribellione senza fisicità e senza i sentimenti che ne sono il corollario energetico. La politica e i media, pilotati dal mercato, stanno – sempre più velocemente e in maniera pervasiva – eliminando la corporeità sostituendola con un cartonato virtuale, una rappresentazione spettacolare (siamo sempre dalle parti del buon vecchio Debord). La ribellione e lo stile che ne scaturisce, nascono dalla condivisione di mondi. Per fare comunità e comunicazione servono corpi e servono luoghi reali dove incontrarsi, che siano carri merci, spiagge, bar, piazze, cantine, disco, parchi. La comunicazione è fatta di sguardi, abbracci, risse, sfide, parole, insulti e risate, graffi e sudore, pause e corse. Le subculture non si creano restando nella propria cameretta, protetti dall’anonimato da nerd. Bisogna uscire di casa, prendere le misure con il mondo. E certo, mettere in discussione il potere. Ci si può fare anche male: la rivoluzione, si sa, non è un pranzo di gala, ma siccome ha il suo innegabile appeal, molti si accontentano di vederla tradotta sui video, sugli scaffali degli outlet o nei tatuaggi, perché hanno orrore dell’esperienza esistenziale che l’ha creata. La ribellione è come l’amore, non si può vivere per interposta persona. I social sono un ben misero surrogato e, a questo proposito, non posso che appoggiare le parole di Johnny Lydon: “La comunicazione si è ridotta al glorioso fallimento dell’autostrada della verità, conosciuta come internet. Questo tipo di comunicazione impersonale non risolve i nostri problemi, perché questi sono profondamente personali.”
Matteo Guarnaccia non si ferma mai e mi ha detto che a fine aprile/inizi maggio uscirà il suo nuovo libro “Vivienne Westwood” per Moleskine, io lo voglio subito!
Matteo sta anche lavorando al suo prossimo libro sui Pirati! Moda, storia, stile, musica, cinema e molto altro. Ti piacciono i pirati? Io li adoro e non vedo l’ora di leggere le loro gesta nelle parole di Mr Guarnaccia.
The beat goes on! 😉