Forse te lo stai chiedendo, ma no, non è il nome di un gruppo rock e neanche di un dentifricio sbiancante: le Dead Drops sono una nuova forma di Street Art.
Tra sogni e razionalità, installazioni e cemento, questa è la storia di Aram Bartholl, il visionario media artist berlinese che ha creato un nuovo canale online/offline di condivisione di files e di emozioni.
Dead drops: le origini
Dead Drops significa letteralmente “gocce morte”.
Il nome racchiude in sé anche la natura del fenomeno stesso: le chiavi USB sono infatti oggetti statici “morti”, ma allo stesso tempo portatrici di costante rinnovamento, come delle vere e proprie “gocce”, che mutano forma e dimensione, grazie ai files che possono contenere.
Le Dead Drops erano lo strumento di condivisione di files di un antico codice di spionaggio, utilizzato durante la Guerra Fredda, per cui era possibile scambiarsi informazioni segrete, in un luogo concordato in precedenza, senza incontrarsi mai.
Dead Drops prende vita nel 2010 a New York, grazie alla mente di Aram Bartholl, che ha realizzato le prime 5 versioni di queste gocce digitali.
“Dead Drops’ is an anonymous, offline, peer to peer file-sharing network in public space.”
dal sito ufficiale deaddrops.com
Dead Drops è un sistema di file sharing offline, peer-to-peer e anonimo che si basa sulla condivisione pubblica di una chiave USB.
Dead drops: dalla teoria alla pratica
Le Dead Drops sono ormai un migliaio in tutto il mondo. Il sito ufficiale ne ha sancite ben 1461, per un totale di ~ 9574 GB di materiale condiviso.
In Italia sono state rilevate Dead Drops a Roma, Milano e Bologna, ma è difficile tracciare il fenomeno in modo capillare.
La più grande Dead Drop finora installata si trova a Sydney ed è una pen drive da 120GB.
In pratica si tratta di inserire una chiave USB vuota all’interno del muro di un edificio pubblico, essa deve però notarsi a malapena, così da rendere più difficile la sua localizzazione e più interessante la ricerca.
I Dead Droppers possono poi scattare delle foto dell’installazione, indicare la mappa del luogo con le sue coordinate e inviare il tutto al sito ufficiale del progetto, come spiega il buon Bartholl. C’è anche la possibilità di battezzare la propria opera.
Bene, la Dead Drop è inserita, mappata e adesso?
Occorre aspettare che qualcuno decida di condividere un po’ del suo spazio digitale nella goccia.
Mettiamo che io trovi una Dead Drop sul mio cammino: ho laptop, tablet o smartphone bello carico con me, cosa posso salvare sulla USB?
Tutto ciò che voglio: immagini, video, musica, testo, non ci sono limiti.
Il concetto base è quello delle connessioni online e offline e il rapporto fra questi due differenti contesti – sottolinea Aram Bartholl. Nella nostra realtà 2.0 siamo costantemente connessi, ma allo stesso tempo, gli scambi offline diventano sempre più rari.
Con le Dead Drops devi farti coraggio e uscire per forza nel mondo esterno, connetterti ad un edificio senza sapere quali informazioni troverai lì dentro e, se vuoi, lasciare una traccia di te che qualcun’altro raccoglierà.
Il video di Aram spiega materialmente come realizzare Dead Drops con le tue mani.
Dead Drops ‘How to’ – NYC from aram bartholl on Vimeo.
Dead drops: prendi l’arte e mettila da parte
Ok, bella idea, però mi sembra un po’ fine a se stessa.
Sì, è vero, posso imprimere la mia presenza e scaricare il materiale che qualcun’altro ha lasciato, magari trovo anche qualcosa di interessante (anche se posso beccarmi un bel virus, ricordiamolo!), ma poi?
Che fine fanno questi files? Finito lo spazio disponibile, le Dead Drops muoiono definitivamente?
Sarebbe bello che ogni Dead Drop diventasse poi un’opera fruibile da tutti.
Certo, ci sarebbe bisogno di una scrematura, però magari, i files salvati all’interno delle USB potrebbero essere cuciti insieme e diventare, ad esempio, video da condividere sul sito sito progetto e anche sui Social Network.
Diventerebbe un modo per raccontare anche la città e l’edificio che le ospita e dare la possibilità ad artisti e video maker locali, di mettere in luce il proprio talento.
Una sorta di storytelling partecipativo insomma.
Sono curiosa di vedere se trovo una Dead Drop vicino a casa mia, chissà, magari mi decido a crearne una io.
E tu, hai mai localizzato una Dead Drop?