Questa settimana è la volta di Roberto Fabbri, delle sue parole struggenti e della sua colonna sonora assolutamente in sintonia.
N.B=Si consiglia di far partire la musica e cominciare a leggere, liberando la mente
Vorrei essere sulla mia moto, sentire tutta la sua potenza, dominare i cavalli, affrontare le curve con decisione, senza paura e sentire l’adrenalina che con forza sale al cervello. Tenermi saldo al manubrio, alla guida del proprio destino.
Vorrei farlo ancora, almeno una volta.
Vorrei essere in Piazza Bovio, proprio sulla punta del faro e sentire l’impeto dei cavalloni infrangersi sulle rocce sottostanti. Chiudere gli occhi e respirare, profondamente. Le braccia al cielo.
Vorrei di nuovo essere con mia moglie, sotto la torre Eiffel oppure sulla Rambla, e cenare a lume di candela. Vorrei un’altra bottiglia di vino e un’altra ancora.
Vorrei il calore di una notte d’amore, sentire l’unione dei corpi sotto le lenzuola, abbandonarsi dolcemente, delicatamente, ascoltando musica jazz.
E poi.
Vorrei volare in alto, sulla cima dei monti e rimanere lì, con il sole in faccia, il più a lungo possibile e guardare lontano, verso l’infinito.
Vorrei camminare su un muretto, scalare una parete, guadare un fiume, correre con i miei figli e il mio cane su un prato verde, cadere e rialzarmi.
Vorrei camminare in un parco e sedermi su una panchina a leggere un bel libro.
Vorrei dormire, dormire come facevo da bambino.
Vorrei farlo ancora, almeno una volta.
Vorrei…
Vorrei alzarmi, ma sono prigioniero.
Guardo le mie gambe. Sono immobili, come il mio corpo.
Rimango seduto a guardarle. Sento accelerare i battiti del cuore nel mio petto e un nodo alla gola, tanto stretto da non farmi respirare.
Seduto, eternamente, su questa sedia. Chiudo gli occhi lentamente, per non vedere il mondo e per non sentire, sulla mia bocca contorta, il sapore salato delle mie lacrime.